Fino ad oggi abbiamo parlato di sicurezza sui luoghi di lavoro soffermandoci sul DVR, sulla figura del RSPP e sulle caratteristiche che deve avere per svolgere al meglio il lavoro di consulenza della sicurezza sul lavoro.

Ora, invece, approfondiamo la legge che disciplina questi due argomenti; vale a dire il cuore legislativo di tutta la sicurezza nei luoghi di lavoro. Parliamo del D. Lgs. 81/2008.

Quando e perché entra in vigore il D. Lgs. 81/2008?

Il D. Lgs. 81/2008 viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed entra in vigore il 9 aprile 2008. Esso diventa il fondamento giuridico principale di una politica che si propone di tutelare la salute e la sicurezza di tutti i lavoratori. Per individuare i principi cardine di questa legislazione si sono prese alcune direttive già presenti nella Legge delega del 3 agosto 2007, che a sua volta è stata pensata per modificare e innovare il precedente Decreto-legge 626/94 considerato ormai troppo obsoleto e complesso per essere messo in atto in una società lavorativa in continuo cambiamento. I dati INAIL hanno sempre dimostrato nel tempo come la non-sicurezza nei luoghi di lavoro rappresenti un grosso dispendio economico non solo per l’azienda che lo subisce, ma anche per l’intera nazione. Nel 2007 i dati contenuti nel rapporto annuale INAIL, mostravano già che la percentuale del costo di non-sicurezza era circa il 40% del costo totale. Un dato allarmante!

Perché un’azienda dovrebbe investire sulla prevenzione?

Come già detto in precedenza, la mancata sicurezza determina inevitabilmente un costo per l’azienda. E questo costo, derivante dalla cattiva organizzazione in ambito sicurezza, non è di fatto paragonabile a quello che l’azienda sosterrebbe per predisporre solo sistemi assicurativi e di prevenzione. Ai costi di prevenzione vanno, infatti, aggiunti tutti i costi indiretti generati dalla perdita di produzione derivante dall’infortuno di uno o più lavoratori. Per capire meglio la motivazione che dovrebbe muovere le aziende verso la sicurezza nei luoghi di lavoro, proviamo ad analizzare la situazione dal punto di vista inverso, cioè quali sono i benefici che comporta una più attenta e responsabile attività di prevenzione?

Come recita il detto, ormai utilizzato in qualsiasi ambito della nostra vita quotidiana, “Meglio prevenire che curare”.

Questa è la filosofia che dovrebbero applicare tutti i datori di lavoro per le loro imprese, non solo per motivazioni etiche e di responsabilità nei confronti dei propri lavoratori subordinati, ma anche per motivi strettamente economici. Grazie ad una ricerca dell’International Social Security Association (Issa) del 2011, è stato stimato, infatti, un indice di Ritorno sulla prevenzione (Rop) pari a 2,2. Come a dire che per ogni euro investito in sicurezza, l’azienda avrebbe un ritorno nelle proprie casse di € 2,20. Se andiamo, poi, più nel dettaglio il ROP aumenta significativamente in caso di investimenti nel campo della formazione sulla sicurezza (Rop pari al € 4,50 per ogni euro speso) e nel campo della sorveglianza sanitaria (Rop pari a € 7,60 per ogni euro speso). Per questo motivo, una più attenta e responsabile attività di prevenzione unita ad un investimento che renda i propri lavoratori più sicuri e consapevoli della propria mansione e dei rischi annessi, genererebbe un miglioramento non solo a livello d’immagine aziendale, ma anche a livello produttivo, qualitativo e innovativo dei prodotti.

Come mai la maggior parte delle aziende sul territorio italiano non si sono ancora mosse in questa direzione?

Il primo motivo per cui il tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro non è stato ancora integrato in molte realtà aziendali deriva dalla composizione del panorama aziendale italiano, che come ben sappiamo è composto prevalentemente da piccole e medie imprese, le quali molto spesso decidono di non investire o investire parzialmente nella sicurezza. Questo perché la figura del Responsabile dei servizi di prevenzione e protezione (RSPP), nella maggior parte dei casi coincide con la figura del datore di lavoro, che giocando questo doppio ruolo, risulta troppo coinvolto per poter decidere in maniera “lucida” sulla gestione del budget. Vista la poca disponibilità di budget, si preferisce investirlo in altre attività che producono un ritorno economico più immediato e tangibile.

Il secondo motivo è basato sulla poca elasticità della norma, in quanto essa purtroppo, nonostante i numerosi aggiornamenti, non riesce ancor ad adattarsi pienamente a tutte le necessità e innovazioni presenti nel mondo del lavoro oggi. Un esempio è l’obbligo di adempimento alla legge 81/08 anche per società con solo uno o due soci lavoratori. Le società di persone (s.n.c .o s.a.s.) composte da due o più soci senza la presenza di alcun dipendente, devono infatti attenersi a tutte le disposizioni previste in materia di sicurezza sul lavoro. Il primo obbligo per queste società è proprio quello di stipulare un atto, con il quale si dichiara formalmente che uno dei due soci assume il ruolo di datore di lavoro ai fini della sicurezza, mentre l’altro socio diventerà socio lavoratore. Una volta individuata questa figura, esso dovrà assolvere a tutti quegli adempimenti al fine di rispettare il decreto legislativo.

Andiamo ad analizzarli più nello specifico:

  • Nominare un RSPP: come nelle aziende con più lavoratori questa nomina può essere ricoperta dal datore di lavoro o da una figura esterna alla società;
  • Nominare un Medico Competente: questa figura dev’essere nominata ugualmente per due soci nei casi in cui la legge ne stabilisce l’obbligo specifico;
  • Nominare gli addetti al primo soccorso e all’antincendio: in questo caso queste due cariche possono essere svolte dal datore di lavoro previa opportuna formazione;
  • Effettuare la Valutazione dei Rischi e Redigere il DVR: questa voce diventa obbligatoria anche per questo tipo di aziende in quanto uno dei due soci diventerà un lavoratore a tutti gli effetti;
  • Provvedere alla formazione dei lavoratori in materia di sicurezza (anche il singolo socio lavoratore);

Come si può percepire questi adempimenti risultano troppo rigidi e inadatti per una società in cui le persone che vi lavorano hanno deciso di essere soci alla pari.

Un altro esempio su cui il D.Lgs. 81/08 risulta poco elastico è nel caso in cui l’azienda abbia lavoro con prestazioni occasionali (a chiamata).

L’art. 2 del D.lgs. 81/2008, definisce come lavoratore una “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte, o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e famigliari”. Per questo anche il lavoratore a chiamata verrà equiparato ad un lavoratore che fornisce in maniera continuativa la sua prestazione. Per il datore di lavoro questo comporta l’assumersi tutti quegli obblighi di prevenzione e formazione che avrà per gli altri lavoratori con l’aggravante di un costo fisso per un’attività che magari porterà benefici economici non continuativi nel tempo.

Il terzo motivo per cui molte aziende non riescono a far proprio il concetto di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è lo scarso coinvolgimento e la poca personalizzazione che alcuni formatori propongono alle aziende nella formazione dei propri lavoratori. Con il D.lgs. 81/08, il seguente decreto del 3 agosto 2009, e tutti i successivi Accordi Stato-Regioni emessi, la formazione è chiaramente oggi stata messa al centro di tutto il sistema di prevenzione e salute dei lavoratoti. Molto spesso, però, è difficile coinvolgere il datore di lavoro in un progetto di apprendimento continuo dei propri lavoratori, ma anche gli stessi lavoratori, che ritengono la formazione sicurezza una perdita di tempo e non un mezzo utile per lo svolgimento del proprio lavoro. Per far sì che tutti i lavoratori assimilino ed interiorizzino schemi di comportamento ed atteggiamenti adeguati alle situazioni di rischio e pericoli annessi alla loro professione, il docente incaricato della loro formazione deve renderli partecipi e coinvolgerli portando oltre al materiale didattico standard degli esempi adattabili al loro vissuto aziendale. Questo per far in modo che la formazione non sia più solo un obbligo di legge, ma una vera e propria possibilità di crescita personale e professionale.

Infine, la nostra esperienza decennale, ci ha dimostrato che esiste anche un altro grande problema in questo settore da non sottovalutare; vale a dire, la mancanza di passione, impegno e determinazione da parte di operatori tecnici, RSPP, formatori, e società di consulenza nello svolgere al meglio il proprio lavoro.

La presenza nel mercato di figure come queste che si attengono alla formazione ed aggiornamenti standard imposti dalla legge per la loro professione, che non si tengono informati, che non si specializzano, che pensano di terminare il loro compito dopo aver compilato un solo documento, diventa controproducente per tutti, soprattutto per le aziende stesse che non riescono a percepire il valore aggiunto e l’importanza concreta di questa materia, rallentando così una reale diffusione della cultura della sicurezza sul territorio italiano.

HS GROUP ha fatto propri da anni quei valori di sicurezza partecipata per offrire alle proprie aziende cliente un servizio sempre più attento alle loro esigenze. Se vuoi scoprire di più su di noi, richiedi un appuntamento senza impegno e visita il nostro sito www.hsgroupsrl.com e il nostro portale www.hsformazione.it

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